L'Apostolo dell'Immacolata
stato denominato l’”Apostolo dell’Immacolata”, per il culto diffusissimo a Napoli, che seppe propagare con la sua ‘Madonnina’ nella Basilica Pontificia del Gesù Vecchio, nel centro antico della città.
Placido Baccher nacque a Napoli il 5 aprile 1781, ultimo dei sette figli di Vincenzo De Gasaro e di Cherubina Cinque, il cognome con cui è conosciuto il venerabile, viene dal padre il quale avendo ricevuto per discendenza, una vistosa eredità dal primo marito della madre Girolamo Baccher, la quale in seconde nozze aveva sposato poi Gerardo De Gasaro, volle per riconoscenza aggiungere al suo cognome anche quello di Baccher; quindi il padre di don Placido si chiamò Vincenzo De Gasaro-Baccher; ma poi nella sua numerosa famiglia prevalse l’uso del cognome Baccher.
I suoi iniziali studi furono fatti in casa, poi ebbe come maestri dotti sacerdoti che lo fecero poi ammettere nel collegio domenicano di S. Tommaso d’Aquino come esterno. Diventò Terziario Domenicano, nutrì sin da ragazzo una tenera devozione all’Immacolata, di cui la madre era devotissima e che lo portava con sé ogni sabato alla chiesa dell’Immacolata, che la venerabile suor Orsola Benincasa aveva edificata alle falde del Castel S. Elmo, quasi a proteggere dall’alto la città.
Durante la rivoluzione napoletana del 1799, che portò all’instaurazione della Repubblica Partenopea, Placido Baccher venne coinvolto pesantemente; venivano perseguiti tutti coloro che fossero sospettati di fedeltà al re, suo padre Vincenzo fu esiliato, i fratelli Gennaro e Gerardo furono fucilati in Castel Capuano e Placido, giovane buono e ingenuo, che non si occupava di politica o moti rivoluzionari, di appena 18 anni, venne rinchiuso nelle carceri del tribunale di Castel Capuano insieme a molti altri, in attesa della sentenza di morte anche per lui.
Ma la notte precedente il giudizio, ebbe in sogno la Madonna, che lo rassicurò sulla sua liberazione, chiedendogli di consacrarsi a Lei; condotto l’indomani davanti al tribunale straordinario, nel Palazzo Reale, i giudici nel guardarlo, si meravigliarono dell’arresto di quel giovane così inoffensivo e incapace di far del male e quindi ne ordinarono la scarcerazione.
La Madonna lo aveva salvato e lo salvò ancora, quando fu spiccato un altro ordine di cattura, perché il Presidente del Tribunale riscontrò che erano stati giustiziati 16 realisti invece dei 17 della lista; per sfuggire alla cattura, Placido fu calato con una corda in un pozzo, ma per errata manovra finì sul parapetto di una loggia, spaccandosi la testa.
Mentre si rimarginava la ferita, la Repubblica Partenopea volgeva al termine (durò sei mesi), con l’esercito del cardinale Ruffo che assediava Napoli e la flotta inglese di Nelson che presidiava e attaccava dal mare.
Nel 1802 Placido vestì l’abito talare frequentando e studiando come chierico esterno, il convento di S. Tommaso. Completati gli studi venne ordinato sacerdote il 31 maggio del 1806, celebrando la prima Messa nella chiesa di S. Lucia al Monte, ai piedi del Santuario di suor Orsola Benincasa.
Prese a fare apostolato in alcune chiese napoletane, instaurando con i fedeli già allora, i raduni del sabato per recarsi alla chiesa dell’Immacolata, ai piedi del castello, finché i superiori lo nominarono, nel 1811, rettore della Chiesa del S.mo Salvatore, già antica chiesa del Gesù, fondata nel 1557 dai gesuiti, i quali furono cacciati nel 1767, per ritornare poi in città nel 1821 con Casa, collegio e chiesa propria, attuale Gesù Nuovo.
Per questo la chiesa del S.mo Salvatore era detta anche del Gesù Vecchio e così poi è stata maggiormente conosciuta, l’edificio abbandonato da molto tempo, rischiò di diventare un teatro o l’Aula Magna della vecchia Università.
Don Placido profuse tutte le sue sostanze, adoperandosi per il ripristino e l’apertura del tempio. Devotissimo alla Madonna trasformò la sua chiesa in un fervido centro di devozione mariana, fedele al suo motto “A Gesù per Maria”; fu ardente zelatore del Rosario, da lui considerato arma validissima di apostolato, promosse il culto eucaristico, esortando i fedeli alla Comunione, fece costruire l’organo per rendere più solenni le funzioni religiose, riportò al loro splendore i marmi, i bronzi, suppellettili, arredi sacri e panche.
Favorì il culto dei santi gesuiti, primi fondatori della chiesa, in particolare di s. Luigi Gonzaga, che aveva abitato lì dal 1586 al 1587; malgrado tutto però a don Placido Baccher, la chiesa sembrava una reggia senza regina, allora si fece costruire, dall’artista napoletano Nicola Ingaldi, una statua dell’Immacolata, così come l’aveva sognata la notte della sua prigionia in Castel Capuano; la rappresentazione dell’immagine è complessa e piena di significati mariani e liturgici.
Il culto che si instaurò nel Gesù Vecchio per la Madonna, si diffuse per tutta Napoli e folle di fedeli vi si recavano per le cerimonie del sabato e in particolare nella Novena e festa dell’Immacolata Concezione dell’8 dicembre, che a Napoli è stata sempre particolarmente celebrata.
Il 30 dicembre 1826 avvenne la solenne incoronazione della piccola ‘Madonnina’ concessa dal papa Leone XII, con la partecipazione del re, della corte, Autorità cittadine, magistrati; con i soldati schierati nelle strade adiacenti e con gli spari a festa dei cannoni di Castel S. Elmo e Castel Nuovo.
La basilica divenuta poi pontificia, del Gesù Vecchio, divenne da allora un centro mariano ed eucaristico importantissimo, lo stesso papa da Roma si compiaceva dell’elevata partecipazione dei fedeli al ‘Sabato privilegiato’ dedicato a Maria e del gran numero di Comunioni distribuite; basti pensare, giusto per dare un dato, che il 1° gennaio 1966 si distribuirono circa 20.000 Comunioni. Questo per far capire che ancora ai nostri tempi, il culto istituito dal venerabile Placido Baccher è vivo e fervoroso.
Don Placido ricevette varie onorificenze; Cavaliere di Malta, mise le sue insegne al collo della Madonnina del suo Oratorio privato, rifiutò un vescovado nel Regno delle Due Sicilie, rifiutò la nomina a canonico della cattedrale; prete umile e penitente non beveva mai liquori o vini, digiunava tutti i sabati con solo pane e acqua, quando il confessore l’obbligò a cibarsi, il suo pasto si componeva di dodici fagioli o 15 ceci; portava sotto la veste talare, il cilicio e spesso si flagellava.
Nei dodici giorni precedenti l’Immacolata, faceva pubblica penitenza con fune al collo e in ginocchio si trascinava dalla porta della chiesa, fin sopra l’altare della Madonna. Santo lui stesso e amico di santi, tante anime elette napoletane ebbero relazione con lui, in uno scambio di spiritualità interiore; fu in primo piano nell’organizzare i soccorsi durante il colera del 1836, correndo da un capo all’altro della città.
Morì dopo breve malattia, il 19 ottobre 1851 e come da suo desiderio, venne tumulato dietro l’altare maggiore della basilica del Gesù Vecchio, sotto il trono della Madonna, di cui per 40 anni era stato attivissimo rettore. La causa per la sua beatificazione fu introdotta il 12 maggio 1909 e il 27 febbraio 1944 si ebbe il decreto sull’eroicità delle virtù e il titolo di venerabile.
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